domenica 14 giugno 2020

Metti un pomeriggio su Zoom col direttore

E finalmente, dopo le dirette “in chiaro” dalla redazione a la Repubblica negli ultimi 6 anni della direzione di Ezio Mauro e dal 2013 con gli abbonati a Il Fatto Quotidiano, è avvenuto il nuovo passo italiano d’interazione tra giornali e lettori: come da programma, ieri pomeriggio i primi abbonati a Domani hanno infatti partecipato su Zoom a una prima riunione con il direttore e i primi collaboratori, potendo porre domande “per alzata di mano”, suggerire inchieste e approfondimenti, nonché rispondere a brevi domande anonime sui partecipanti... con un’interattività (seppur a distanza, e complice la maggior familiarità dovuta alla pandemia) mai avvenuta nel nostro Paese.

Come sempre in questo tipo d’incontri, soprattutto nelle fasi iniziali si è visto un po’ di tutto: questioni un po’ risapute e qualche sintesi un po’ troppo veloce, piccole promozioni del proprio lavoro nel chiedersi sinceramente che cosa poter offrire alla nuova avventura, nonché l’emozione di tanti anche solo di vivere “dal di dentro” un avvenimento a suo modo storico. Tra gli oltre 150 partecipanti poco più di un terzo ha reso visibile il proprio volto e nominativo: tutto sommato prevedibile, compresi gli inevitabili curiosi e infiltrati, come la solita Guia Soncini e il suo gusto di sbirciare per poi raccontare con gli usuali birignao (ce ne faremo una ragione).

Nell’introduzione Stefano Feltri presenta Serena Vitale (la primissima assunta dall’Editoriale Domani) in collegamento con Daniele Erler alla guida tecnica dell’incontro e dopo pochi minuti già con cento abbonati connessi inizia la riunione («Sono appena arrivato dagli Stati Uniti e non sopporto il quarto d’ora accademico»). Il direttore racconta molto brevemente la propria esperienza, di ritorno con il collegato Simone Cavallaro dallo Stigler Center dell’Università di Chicago dall’agosto scorso (dov’era andato dopo 10 anni al Fatto), per ricevere lo scorso 25 aprile la chiamata di Carlo De Benedetti che ha creato una S.p.A. come unico socio senza più altri interessi e una Fondazione  guardando ai tempi lunghi, così da mantenere indipendenza: una “terza via” rispetto agli editori “impuri” e ai giornali di proprietà dei giornalisti che sono finora le due strade percorse in Italia.

Come annunciato più volte, Domani sarà un giornale web (in versione “free” per tutti con notizie light su tutto e “premium” integrale per abbonati) e soltanto in seguito cartaceo compreso nell’abbonamento («con ciò che è interessante leggere su carta»), che sarà chiuso «tra le ore 17 e le 19 senza l’assillo delle ultime notizie che tanto andranno sul sito, perché scegliamo noi i nostri tempi e la nostra agenda» e a Milano e Roma potrebbe riuscire a essere consegnato a casa o a edicole di riferimento. La particolarità saranno le inchieste più richieste dai lettori, approvate dalla redazione e su cui poi raccolgono i soldi «per evitare le “furbate” di chi vorrebbe un’indagine sul vicino di casa»: a questo l’editore raddoppia il budget («per non andare a scrocco») e si discute con meeting separati sulle 4 aree principali (Ambiente, Lavoro, Salute, Disuguaglianze), così da non sprecare risorse e scrivere di argomenti che interessano davvero.

Dopo la mezz’ora d’introduzione, si dà spazio a un’ora e mezza di domande, con interventi in video e la chat che scorre a lato in cui si aggiungono altri dettagli: il giornale non avrà distinzioni in sezioni «perché ingabbiano» ma semmai una scansione in Fatti (le spiegazioni sul tema del giorno), Analisi (non molto praticate in Italia per approfondire capire cos’è successo), Idee (fornendo ispirazioni in quel che negli USA chiamano “food for thoughts”). Feltri specifica che «Non faremo pezzi specifici ma grosse storie locali da trattare come nazionali», così come lo sport sarà raccontato attraverso storie accattivanti in grado di interessare tutti (qualcuno cita Sfide di Rai 3 che è un buon esempio). Inoltre «Cercheremo di avere una piattaforma integrata che possa raccogliere i social e proporre inchieste e lezioni ad esempio su Instagram, che finalmente anche in Italia ha dimostrato che c’è spazio al di là del mero intrattenimento». Si pensa anche a un’app e a un podcast di news da 20 minuti (che Oltreoceano raccolgono anche milioni di ascoltatori ma da noi fanno pochi ricavi, con rassegne stampa che durano almeno un’ora), nell’ottica di «provare tutto, ma tutto dev’essere sostenibile».

Nella quindicina d’interventi totali – un sondaggio anonimo dà un 12% collegato dall’estero, un 49% che s’informa soprattutto dallo smartphone, un 42% interessato all’area Disuguaglianze e al 24% la fiducia nel direttore nella scelta determinante di abbonarsi – si alternano un giornalista in pensione secondo cui oggi (come sempre, del resto) «Serve identificarsi oltre che informarsi» (e Feltri approva: «I giornali sono un modo per una narrazione condivisa») e una ricercatrice all’estero da 11 anni che vuole «un giornale costruttivo e non di frustrazione», oltre ad altre rivelazioni del direttore: «Stiamo cercando un modo di offrire il giornale gratis ai più giovani, avremo un’editorialista di 21 anni e uno stagista che è collegato e ha 22 anni».

Prima dei saluti una frase di Feltri riassume la scelta obbligata, ma anche un’opportunità che molti attendevano: «Non faremo tutto, all’inizio solo poche cose ma buone, poi si vedrà». Subito dopo, notiamo (e ritwittiamo) un bel tweet che dice molto se non tutto:

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