Poi il 3 maggio Open svela il nome della testata,
seguita il giorno dopo dall’intervista al Foglio di Luigi Zanda,
che si dimette da tesoriere del PD e diventa il presidente della società
editoriale di Domani, di cui emerge finalmente (dopo vari gossip su colleghi più maturi) il nome del direttore: Stefano Feltri
(nella foto in apertura, che diventa così il terzo direttore con quel cognome in pochi anni, senza
peraltro nessuna parentela con il Vittorio di Libero e suo figlio Mattia ora alla guida dell’Huffington
Post nostrano).
Il 5 maggio si scatena il delirio, con Prima Comunicazione
che riassume la questione,
il Corrierone che si lancia in qualche breve analisi, l’ex agente Betulla (in servizio permanente ed effettivo) su Libero che non sa se gongolare o compatire il campo avverso,
Indiscreto che a dispetto del suo nome non aggiunge granché e il Giornale che già si chiede cosa mai potrà fare un altro concorrente.
Si distinguono i ragionamenti on line de Linkiesta sul giovane Feltri e Lettera43 (appena prima di sospendere le pubblicazioni,
peraltro) sul giornale in fieri,
mentre due giorni dopo è il Feltri anziano a sentirsi in dovere di dire la sua (e non è Crozza a imitarlo).
Intanto il tempo passa e immaginiamo non poche teste a ragionare
di budget e modelli di business, tra cartaco e web: vedremo il prosieguo.
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